Mercoledì l’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), l’organismo indipendente che vigila sulla finanza pubblica e sulla politica economica del governo, ha pubblicato uno studio sullo stato di attuazione di uno degli obiettivi più rilevanti fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR): quello sull’aumento dei posti negli asili nido e nelle scuole materne.
La Uil Scuola esprime forte preoccupazione per i significativi ritardi nella realizzazione degli asili nido e delle scuole per l’infanzia, un intervento cruciale previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Anche l’Ufficio parlamentare di bilancio conferma le gravi incertezze sui tempi e sugli obiettivi fissati, preoccupazioni che la Uil solleva ormai da tempo.
“Chiediamo al governo un’accelerazione immediata delle operazioni, accompagnata da una maggiore trasparenza nella gestione delle risorse e nel monitoraggio delle fasi di realizzazione – denuncia il Segretario confederale Uil Santo Biondo – ”.
La ricerca dell’UPB, molto scrupolosa e affidabile, mostra grossi ritardi del governo e delle amministrazioni locali nell’attuazione del progetto, che rischiano di essere confermati nei prossimi due anni. I ritardi riguardano sia quanti soldi sono stati spesi rispetto ai fondi stanziati, sia lo stato di avanzamento dei lavori. L’UPB ha fatto alcune simulazioni e ipotizzato vari scenari: in quello più verosimile l’Italia creerebbe circa 133mila nuovi posti negli asili nido e nelle scuole materne, cioè 17.400 in meno rispetto agli obiettivi indicati nel PNRR.
La Uil sollecita il governo ad adottare misure urgenti e concrete per rispettare gli impegni assunti, garantendo risorse adeguate e tempi certi per la realizzazione delle strutture.
“Ogni giorno di ritardo danneggia irrimediabilmente le famiglie e compromette la qualità del nostro sistema educativo” – conclude Biondo – .
Se la previsione dell’Ufficio parlamentare di bilancio dovesse verificarsi, le conseguenze sarebbero gravi: da una parte la rete nazionale degli asili non verrebbe potenziata come era stato preventivato, dall’altra il mancato raggiungimento dell’obiettivo del PNRR potrebbe far perdere all’Italia i fondi europei previsti, compromettendo parzialmente la realizzazione del Piano.
D’altro canto le difficoltà sulla creazione di nuovi posti nei nidi e nelle materne non sono nuove tanto è vero che il governo di Meloni, nel novembre del 2023, aveva concordato con la Commissione Europea di ridimensionare gli obiettivi e prolungare i tempi di realizzazione dei progetti: non più 264.480 nuovi posti da realizzare entro dicembre del 2025, ma 150.480 nuovi posti entro giugno del 2026. Già quella era stata una scelta non indolore, perché aveva comportato una contestuale riduzione dei fondi del PNRR a disposizione dell’Italia per questo obiettivo: da circa 4,6 a circa 3,2 miliardi, quindi 1,4 miliardi in meno, che l’Italia aveva dovuto coprire in gran parte con fondi nazionali.
Ora però anche questo obiettivo più modesto appare molto improbabile.
Secondo il programma definito dal governo, entro il 2024 avrebbero dovuto essere spesi 1,7 miliardi di euro. Al 9 dicembre 2024 – si legge nel report dell’UPB – ne risultano effettivamente utilizzati circa la metà», cioè 816,7 milioni.
Una lentezza nella spesa che riflette evidentemente l’affanno nel realizzare le opere.
L’UPB ha svolto le sue simulazioni, per provare a capire con una certa approssimazione quale sarà verosimilmente il numero di nuovi posti in asili nido e materne che potrebbero essere davvero realizzati entro il 2026.
L’UPB ha dunque realizzato vari scenari: quello più probabile prevede 17.400 posti in meno rispetto all’obiettivo iniziale. Oltre alle differenze fra le varie regioni.
Se da una parte si può dire che ci siano benefici generali per il Sud per la riduzione dei divari tra le regioni (il 54,2 per cento delle risorse previste è destinata alle regioni meridionali), dall’altra c’è un aumento delle disuguaglianze all’interno delle regioni stesse. Fin dall’inizio è apparso chiaro come i comuni più piccoli, e spesso quelli montani o dell’entroterra, abbiano dimostrato minore capacità e anche minore interesse a ottenere i finanziamenti per realizzare nuovi posti.
Consapevole di ciò, il governo ha modificato le regole e i parametri di accesso ai fondi del PNRR. Si è deciso, in una seconda fase, di individuare a livello centrale i comuni che avevano maggiori carenze e dunque maggior bisogno di nuovi posti, ma anche in questo modo il problema si è risolto solo in parte.
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