Il salto di un atleta

L’atleta nato a Portland il 6 marzo ’47 e scomparso a 76 anni, era già una leggenda per me e mio fratello ragazzini e ci chiedevamo quando avremmo provato anche noi a romperci l’osso del collo. Prima di lui il salto in alto somigliava a un gioco da cortile, salto da fermo, poi a forbice, la tedesca dell’est Rosemarie Ackermann fu l’ultima grande atleta a usare negli anni ’70 lo stile ventrale, mentre ormai quasi tutti saltavano con lo stile di Fosbury, che irruppe sulla scena in un anno rivoluzionario, con le sue scarpette spaiate.

Nel ’68 il 21 enne Dick aveva scampato la guerra in Vietnam a causa di un malformazione alla colonna vertebrale, vinse l’oro e conquistò il mondo alle Olimpiadi di Città del Messico, quelle della protesta col pugno alzato di Tommie Smith e John Carlos, di Enriqueta prima donna tedofora e tanto altro ancora.

Si ritirò presto, l’anno dopo. Nella sua autobiografia pubblicata nel settembre 2018 si era considerato tra i peggiori saltatori del suo stato, mi sale allora il ricordo di una frase che lessi su una piccola lavagna in un bar di Ferrol, nell’accogliente Galizia spagnola: “La humildad es la base de la grandeza”. E cosi era Dick Fosbury. ( Da Stramp.it)

” A tutti i miei ragazzi spiego sempre chi era Dick Fosbury: prima del ’75 il salto in alto era un ventrale e una sforbiciata ma per lui queste tecniche erano impossibili da effettuare, così quell’asticella non riusciva proprio a superarla. E allora, dopo innumerevoli tentativi ecco arrivare la rincorsa a parabola, il caricamento sulle gambe e infine la spinta in verticale. Asticella superata, mondiale del Messico vinto. E fu leggenda”.

Con queste parole la professoressa Teresa Coccia  – docente di educazione fisica all’Istituto Comprensivo di Cremona 4 – Scuola Media Anna Frank – commenta il bellissimo video sulla storia di Dick Fosbury pubblicato dal sito Sramp.it di cui riportiamo, in apertura, anche il post.

Parla ai suoi alunni da ex atleta la professoressa Coccia, che ha saltato oltre la rete della Pallavolo, più volte in gioventù, gareggiando in serie B.

” L’asticella c’è sempre – spiega la prof.  – . Da ragazzi, da adulti, da studenti, da lavoratori la vita ce la mette spesso davanti ma non possiamo arrenderci. Tenacia, abnegazione, sudore, fatica, sono valori che lo  sport ci insegna. Valori oltre i quali saltare pe superare l’asticella delle piccole o grandi difficoltà”.

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