La Federazione Uil Scuola Rua Lombardia condanna fermamente quanto accaduto ieri all’Istituto Alessandrini di Abbiategrasso, dove uno studente 16enne ha accoltellato l’insegnante Elisabetta Condò ferendola al braccio e alla testa e minacciato i suoi compagni di classe, terrorizzandoli con una pistola che poi si è rivelata giocattolo.

Per il sindacato ci troviamo di fronte a un vero e proprio “Far West ad Abbiategrasso. Condanniamo fermamente qualsiasi forma di violenza, in particolare quando viene rivolta a coloro che dedicano la propria vita all’istruzione e al benessere degli studenti. La sicurezza degli insegnanti, degli studenti e di tutto il personale scolastico è una priorità assoluta per noi. Crediamo che ogni individuo debba poter svolgere il proprio lavoro in un ambiente sicuro e protetto, senza il timore di subire atti di violenza”.

Riportiamo l’intervista rilasciata ad Orizzonte Scuola dal Segretario Generale Uil Scuola Rua Lombardia Abele Parente.

“Al liceo i dati delle scuole lombarde non si discostano troppo da quelli nazionali”, spiega Abele Partente, segretario generale della Uil Scuola Rua della Lombardia. “Un istituto su cinque è dovuto ricorrere all’aiuto dei servizi sociali, nel 6 per cento è stato necessario ricorrere all’intervento della pubblica autorità e nel 7 per cento le intemperanze degli studenti hanno prodotto sanzioni economiche a carico delle famiglie”. E nei tecnici e nei professionali? “Qui le cose peggiorano”, sottolinea Parente. “In questi ultimi, i servizi sociali sono di casa: nel 58 per cento dei professionali hanno coadiuvato dirigenti e prof, contro una media nazionale del 48 per cento. Le famiglie che hanno dovuto risarcire la scuola, contro una media nazionale del 13 per cento, salgono al 18 per cento. E l’intervento della pubblica autorità è stato necessario nel 28 per cento degli istituti, 8 punti in più della media nazionale.

Anche negli istituti tecnici della regione la situazione è più grave rispetto alle medie nazionali”. In questi casi spesso le famiglie vengono coinvolte. “Il 15 per cento delle famiglie lombarde – prosegue il sindacalista – è stato chiamato dal dirigente scolastico a risarcire il danno causato dal figlio o dalla figlia – a livello nazionale la media scende all’11 – mentre nel 47 per cento degli istituti ragazzi più esagitati hanno scontato la sanzione inflitta dal consiglio di classe con lavori utili alla scuola. La media nazionale è più bassa di 11 punti: il 36 per cento”.

Scuole come campi di battaglia?

L’attualità, intanto, ci richiama agli episodi gravi più recenti. “Gli ultimi casi di cronaca – insiste Parente – descrivono le scuole come veri campi di battaglia. Lo scorso mese di ottobre, all’istituto superiore Abba- Bellini di Brescia due ragazzi si picchiano in classe per una sigaretta elettronica. Mentre al Ponti di Gallarate uno studente disegna una svastica sulla cattedra e colpisce al volto la professoressa. A dicembre, gli studenti dell’istituto Luxemburg di Milano lanciano uova contro gli insegnanti per protesta. E qualche giorno fa Terre des homme ha rivelato che il 43,2 per cento dei ragazzi e delle ragazze lombarde è stata vittima di bullismo o cyberbullismo. Un record.

“Contro gli episodi di violenza – insiste Parente – bisogna intervenire creando comunità con i ragazzi e coinvolgendo le famiglie, che sono l’altro anello debole della catena. In alcuni istituti i genitori non si presentano ai colloqui perché non ne sono a conoscenza. La tecnologia è gestita dagli alunni e così non va bene. Ci sono alcuni quartieri milanesi come Lampugnano, Quarto Oggiaro o Comasina dove la dispersione scolastica raggiunge il 40 per cento. Occorre recuperare quel prestigio sociale che spetta all’istruzione – conclude Parente – partendo da una retribuzione adeguata ed elogiando l’ottimo lavoro che tutti i giorni viene svolto nelle nostre scuole”.

Abele Parente, la scuola è sconvolta da questo grave episodio

“Vorrei ricordare il lavoro prezioso che viene svolto ogni giorno dai docenti italiani. La scuola italian è un’eccellenza in Europa. Però la società ne parla male e quindi, screditandola in continuazione, alla fine i ragazzi, coinvolti da una società allo sbando, arrivano a questo. La scuola si deve riprendere il ruolo che aveva una volta, quando veniva rispettata come un’istituzione”.

Perché la scuola non viene più rispettata come un tempo, secondo lei?

“Certo dalle istituzioni la scuola è vissuta come un peso e non come una risorsa. Il governo la vuole smantellare con l’autonomia differenziata. Punta a scaricare la scuola sulle Regioni. Infatti in lombardia questo è un argomento caldissimo, è stato istituito un tavolo sulla autonomia, non sappiamo a cosa porterà. Noi ci batteremo affinché la scuola italiana resti unica, statale, laica. Abbiamo raccolto delle firme e stiamo aspettando un incontro con il governo”.

Si può pensare che l’ultimo episodio sia solo la punta di un iceberg molto più esteso. Insomma, le denunce, di fronte a casi simili, vengono presentate, oppure si evita?

“Non denunciano assolutamente. Abbiamo centinaia di segnalazioni che non portano da nessuna Sulla violenza a scuola riceviamo centinaia di segnalazioni che però non sempre vengono denunciate alle autorità per non dare una brutta immagine della scuola. Spesso ci sentiamo dire: non importa, basta che paghino i danni. Loro, i docenti, evitano quando possono di rivolgersi alle autorità: tentano di far comprendere ai diretti interessati gli errori che commettono per evitare che li ripetano. Ma sono costretti a sopportare umiliazioni e perfino minacce. Ci sono alcuni quartieri milanesi come Lampugnano, Quarto Oggiaro o Comasina dove la dispersione scolastica raggiunge il 40 per cento. Occorre recuperare quel prestigio sociale che spetta all’istruzione partendo da una retribuzione adeguata ed elogiando l’ottimo lavoro che tutti i giorni viene svolto nelle nostre scuole. I docenti hanno paura di una non tutela e non denunciano. Il problema non riguarda solo gli insegnanti ma anche il personale Ata, spesso anche i collaboratoiri sono vittime”

I genitori sono presenti?

“I genitori vengono a scuola a fare i paladini dei figli. Ora, quando ci si rapporta con i genitori, si parla subito di avvocati. Siamo passati nell’era dei diritti, non ci sono più principi”.

La pandemia avrà inciso su certi comportamenti. Le tecnologie fanno il resto

“Il problema esisteva già da prima, ma sicuramente la pandemia ha accentuato la situazione, s’è creata a causa delle restrizioni una distanza tra la scuola e i ragazzi. Già loro sono proiettati sul web e nel mondo digitale, non in quello reale. Gli strumenti tecnologici che hanno a disposizione vanno bene e le app sono pensate per persone mature, il problema è che finiscono in mano a ragazzini che poi vivono in mondi paralleli e senza punti di riferimento. I nostri ragazzi sono molto fragili, questi gesti dimostrano una fragilità di base enorme. Comunque non è tanto la tecnologia, forse a scuola siamo ancora indietro, però l’utilizzo delle app porta a una realtà sfalsata”.

L’episodio che ha coinvolto la professoressa Condò è arrivata a ciel sereno in quella scuola?

“Sicuramente alla base c’era una situazione legata alle valutazioni finali, almeno da quanto ho sentito dai colleghi che lavorano in quella scuola. Il fatto è che i ragazzi oggi non reggono più le pressioni, non sono abituati”.

Dovremmo cambiare la scuola?

“No, no. Occorre cambiare la società. Non ci sono più le famiglie, la società è quella che è, i media sono quelli che sono e comunque abbiamo una politica assente. La politica si è concentrata per anni su se stessa. Ogni anno ci troviamo ad approvare leggi di bilancio che tolgono risorse alla scuola. Anche il turnover destabilizza i ragazzi”.

Il turnover è causato anche dalla mobilità annuale dei docenti di ruolo

“La mobilità incide solo in piccola parte: dalla Lombardia quest’anno sono partiti solo 1600 insegnanti in totale. Il grosso è rappresentato dai contratti a termine”.

Una piaga che sembra irrisolvibile

“Ma che si potrebbe risolvere con una stabilizzazione. Nonostante un decremento della popolazione scolastica abbiamo classi numerose in una regione, la Lombardia, dove ogni anno ci sono 23.00 cattedre da assegnare a supplenza per non parlare della parte che concerne il sostegno, con 8.000 docenti privi di specializzazione sul sostegno visto che ogni anno il bando universitario copre pochi posti. Un altro tema importante è il caro affitti: specie su Milano è impossibile trovare un alloggio a meno di 1000 euro al mese, e se pensiamo che gli stipendi medi di insegnanti e personale Ata si aggira sui 1300 euro al mese, la cosa diventa davvero insostenibile”.

Questo secondo lei incide molto sulla credibilità sociale dei doenti, agli occhi degli alunni?

“Certo, è una figura che non viene valorizzata e oggi si dà molto valore anche all’apparenza. Vedono i docenti arrivare a scuola a piedi o in bicicletta mentre loro arrivano in auto e magari con l’Iphone e scoprono che i loro docenti spesso in stanze in affitto. Tutto questo incide”.

Che cosa pensa dell’introduzione o del potenziamento, dove c’è già, del ruolo dello psicologo a scuola?

“I docenti hanno una buona preparazione e sanno gestire i conflitti. Lo psicologo potrebbe essere un supporto a latere che faccia da collante tra la società e la scuola. Noi stiamo rivendicando il ruolo sociale della scuola, spesso ci dimentichiamo che i docenti sono pubblici ufficiali, però il loro ruolo è sminuito da tutto quello che abbiamo appena detto. Invece occorre ridare prestigio sociale alla scuola. Il problema è che di scuola parliamo tra addetti ai lavori e invece occorre parlare di più con la società.

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